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FRANCESCO BERTE

Il gioiello che presentiamo si ispira a tutto ciò di cui Taimeless vuole essere icona: del tempo sospeso, di Italia connessa al mondo e contaminata al tempo stesso, dell’amore e di tutto ciò di cui questi sono simbolo.

Francesco Berté creatore del gioiello Taimeless One Jewel

“Nel mio immaginario ho fermato il tempo. Ciò mi ha permesso di vagare con creatività nel futuro e nel passato, vivendo il presente come momento di rivelazione, di Energia.
Per la mia creazione, ho infatti trovato ispirazione sia negli antichi studi di Leonardo da Vinci sul moto perpetuo sia nel concetto stesso di Energia."

FRANCESCO BERTE

Il gioiello che presentiamo si ispira a tutto ciò di cui Taimeless vuole essere icona: del tempo sospeso, di Italia connessa al mondo e contaminata al tempo stesso, dell’amore e di tutto ciò di cui questi sono simbolo.

Francesco Berté creatore del gioiello Taimeless One Jewel

“Nel mio immaginario ho fermato il tempo. Ciò mi ha permesso di vagare con creatività nel futuro e nel passato, vivendo il presente come momento di rivelazione, di Energia.
Per la mia creazione, ho infatti trovato ispirazione sia negli antichi studi di Leonardo da Vinci sul moto perpetuo sia nel concetto stesso di Energia."

Recensito e presentato dallo Scienziato Salvatore Magazú

Contemplando l’opera dell’artista Francesco Bertè dedicata al tempo se ne avvertono subito le etimologie derivanti da temnein, ovvero il tagliare il passato dal futuro, o dalla conta degli anni per mezzo di pioli, o ancora, ed è questa l’accezione contestualmente più precipua all’opera, dal termine tepor che evoca il concetto di calore e di irreversibilità. Nella contemplazione dell’opera dell’artista si scoprono i significati profondi riposti nella scelta esclusiva dei materiali impiegati, ori, lave e preziosi, e nelle forme di ispirazione trascelte, così escludenti, elusive ed eludenti. Si passa dalle emozioni della materia alla coscienza con l’impiego di quei metalli che nell’alchimia greca sono definiti “animali viventi”, dotati di spirito e corpo, e pietre che crescono nel ventre della terra e che segnando l’origine della vita cosciente. L’ispirazione di quest’opera ha palmari riferimenti al genio assoluto di Leonardo da Vinci che attribuì all’invisibile e incorporeo tempo, oltre alle proprietà di linearità ed estensività, la qualità di agente degradante universale connessa a una memoria finita. Con i suoi ingegnosi disegni, il genio di Vinci traspose questa effimerità nelle sue macchine sostenendo l’impossibilità del moto perpetuo e la valenza del tempo come consumatore di cose. Si tratta di un concetto primigenio giacché alcune frasi riportate nel Codice Atlantico folio 195 r di Leonardo, risultano trascrizioni e variazioni di frammenti dei libri XIII e XV del poema epico-mitologico di Publio Ovidio Nasone (43 a.C. – 17 d.C.) intitolato Le Metamorfosi, il primo libro della Natura letto dal giovane Leonardo. Contemplando l’opera di Bertè, viene allora da pensare che tra quelle che possono considerarsi le migliori disposizioni per ogni sorta di conoscenza, la contemplazione di un’opera di scienza che si fa arte costituisce una delle forme più elettive. Questa ci fa affacciare alla soglia di contesti largamente ignoti, dove la disposizione dell’artista è la chiave che non vieta, blocca e allontana ma che permette l’accesso a quel giardino della conoscenza che è piena consapevolezza del vivere.

MAGAZÚ - SCIENZIATO
MAGAZÚ - SCIENZIATO

Contemplando l’opera dell’artista Francesco Bertè dedicata al tempo se ne avvertono subito le etimologie derivanti da temnein, ovvero il tagliare il passato dal futuro, o dalla conta degli anni per mezzo di pioli, o ancora, ed è questa l’accezione contestualmente più precipua all’opera, dal termine tepor che evoca il concetto di calore e di irreversibilità. Nella contemplazione dell’opera dell’artista si scoprono i significati profondi riposti nella scelta esclusiva dei materiali impiegati, ori, lave e preziosi, e nelle forme di ispirazione trascelte, così escludenti, elusive ed eludenti. Si passa dalle emozioni della materia alla coscienza con l’impiego di quei metalli che nell’alchimia greca sono definiti “animali viventi”, dotati di spirito e corpo, e pietre che crescono nel ventre della terra e che segnando l’origine della vita cosciente. L’ispirazione di quest’opera ha palmari riferimenti al genio assoluto di Leonardo da Vinci che attribuì all’invisibile e incorporeo tempo, oltre alle proprietà di linearità ed estensività, la qualità di agente degradante universale connessa a una memoria finita. Con i suoi ingegnosi disegni, il genio di Vinci traspose questa effimerità nelle sue macchine sostenendo l’impossibilità del moto perpetuo e la valenza del tempo come consumatore di cose. Si tratta di un concetto primigenio giacché alcune frasi riportate nel Codice Atlantico folio 195 r di Leonardo, risultano trascrizioni e variazioni di frammenti dei libri XIII e XV del poema epico-mitologico di Publio Ovidio Nasone (43 a.C. – 17 d.C.) intitolato Le Metamorfosi, il primo libro della Natura letto dal giovane Leonardo. Contemplando l’opera di Bertè, viene allora da pensare che tra quelle che possono considerarsi le migliori disposizioni per ogni sorta di conoscenza, la contemplazione di un’opera di scienza che si fa arte costituisce una delle forme più elettive. Questa ci fa affacciare alla soglia di contesti largamente ignoti, dove la disposizione dell’artista è la chiave che non vieta, blocca e allontana ma che permette l’accesso a quel giardino della conoscenza che è piena consapevolezza del vivere.